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Il giardino di Sophia

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[Introduzione al libro]

 

Chi era Sophia de Mello Breyner Andresen? Una donna – nata a Porto il 6 novembre 1919 e morta a Lisbona il 2 luglio 2004 –, una madre, una delle maggiori voci poetiche portoghesi che ha saputo liberare tutto il potenziale rivoluzionario e politico dell’arte poetica, nel senso che lei stessa spiega: «È la poesia che mi implica, che mi fa esistere nello stare e mi fa stare nell’esistere. È la poesia che rende intero il mio stare sulla terra. E poiché è la più profonda implicazione dell’uomo nel reale, la poesia è necessariamente politica e fondamento della politica. La poesia cerca infatti il vero stare sulla terra dell’uomo e perciò non può estraniarsi da quella forma dello stare sulla terra che è la politica. Così come cerca la vera relazione dell’uomo con l’albero o con il fiume, il poeta cerca la vera relazione con gli altri uomini. Questo l’obbliga a cercare ciò che è giusto, questo lo implica in quella ricerca di giustizia che è la politica». Per quanto nelle sue poesie si avverta una sorta di tremolio esistenziale di fondo, vi è in esse una decisa volontà a evidenziare gli scostamenti dalla giustizia sociale e dall’equità e lo fa per mezzo della denuncia decisa, talvolta a fior di metafora, della demagogia e del fariseismo che spesso trovano nella società, civile, politica o intellettuale che sia, la loro più immediata e dannosa affermazione; in contrapposizione a ciò, e come manifestazione della purezza dell’animo umano, ella ha lo sguardo rivolto alla presenza del divino nel mondo, ma forse sarebbe più corretto dire alle ancestrali divinità presenti nella natura, nelle cose e nelle esperienze umane; in tal senso, con lo spirito si avvicina spesso, nel corso della sua narrazione in versi, al classicismo greco.

Per Sophia l’atto poetico è esattamente l’atto di tracciare un cerchio intorno alle cose, dentro il quale il reale e il tempo rimangono sospesi, fermati dal protendersi dello sguardo verso di essi, quanto basta per coglierne il principio e permetterle di tracciarne le linee esatte nei suoi versi, così ben calibrati e cosparsi di assonanze.

 

Perché abbiamo voluto proporre al lettore italiano questa scrittura? Perché è innegabile il risplendere in essa della più sublime poesia che travalica ogni contesto sociale, culturale e storico per farsi universale sentire di ogni persona. Ho avuto la fortuna di conoscere le poesie di Sophia tramite un amico poeta brasiliano innamorato dei suoi versi, Heleno Oliveira, e, come sempre, l’amore è contagioso. Alcuni anni dopo, Heleno morì e Sophia venne a Firenze a conoscere i suoi amici, in quell’occasione ebbi la fortuna di incontrarla, era la fine degli anni Novanta, fu un incontro importante, fondamentale nel mio rapporto personale con la poesia, da allora non seppi fare a meno di alimentarmi della vastità che il respiro dell’oceano aveva insufflato nelle sue poesie. Quella di Sophia è una scrittura calibrata sulle estensioni del mondo ma anche sui suoi particolari, un giardino scosceso davanti all’oceano o un frutto su una tavola rimandano alla stessa dimensione esistenziale e, insieme, concorrono a riportare la persona umana al suo centro, nel momento presente ed esatto della vita attuale in cui la verità sembra, per un attimo, brillare e con essa il mondo intero, pur rimanendo tuttavia velata e irraggiungibile.

Per quanto sia forte l’anelito trascendentale, è una poesia che ha radici profonde nella terra portoghese e nella sua gente: Sophia si avvicina alle persone narrandone le vicende quotidiane, in tal modo le eterna nello spazio senza tempo dei suoi versi, dando anche risalto, talvolta, alla perfezione dei corpi e dei loro gesti, incastonati nella dimensione esistenziale-sociale.

Non mancano di certo gli attacchi al potere, sono esemplari molte poesie scritte durante la dittatura salazarista; si tratta di versi che hanno saputo alimentare la speranza nella rivoluzione, fino al canto di gioia nel giorno atteso della caduta della dittatura in Portogallo, infatti, nella poesia 25 di aprile, giorno della Rivoluzione dei garofani (1974), Sophia canta:

 

Questa è l’alba che attendevo

Il giorno iniziale intero e limpido

In cui emergiamo dalla notte e dal silenzio

E liberi abitiamo la sostanza del tempo

 

è con gratitudine che rivolgo lo sguardo verso i poeti di tale levatura.

Nelle pagine che seguono è proposta una selezione di poesie tratte dalle quattordici raccolte poetiche di Sophia de Mello Breyner Andresen, pubblicate dal 1944 al 1997. Buona lettura.

 

Roberto Maggiani

 

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